A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma
Depeche Mode – Enjoy the silence – 1990
“Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca” (Charlie Chaplin)
In un mondo di rumore e caos parlare del ‘silenzio’ può sembrare anacronistico. Per la maggior parte delle persone il piacere e la vita risiedono nelle attività frenetiche e il rumore costituisce un modo di fuggire da se stessi, specialmente da quelle realtà che sono traumatiche e frustranti, o anche dal confronto con il proprio essere. Eppure, in mezzo a questa realtà, il silenzio può costituire un prezioso cammino, nel senso che offre la possibilità di comprendere meglio gli avvenimenti che ci circondano e che toccano la nostra vita.
Il silenzio spesso spaventa proprio perché viene equiparato ad una ‘pausa investigativa’ della coscienza. Una coscienza che, nell’attuale epoca postmoderna, non riesce più a dare senso alla propria esistenza e preferisce conformarsi alle mode del momento, rinunciando alla propria esclusività per diventare anonima in una massa indifferenziata di uomini. Come ben evidenziato dal filosofo Blaise Pascal: “Gli esseri umani cercano in ogni modo di non vedere, di non sentire, attraverso il ‘divertissement’, vale a dire attraverso il ‘distrarsi’ da se stessi, per non guardarsi dentro e scoprirsi tanto vuoti e infelici”.
Il silenzio è essenzialmente ‘ un’espressione di uno stato interiore ’. Ma pensare che il silenzio si risolva nel semplice silenzio delle labbra è un banalizzarne il reale spessore spirituale, è un coglierne solo l’aspetto esteriore, superficiale, formale. Il silenzio ha, infatti, diversi gradi. Secondo Guardini (1972) «Incomincia col vero e proprio non parlare e procede sempre più in profondità. Noi infatti possiamo imbavagliarci la bocca ed essere ancora rumorosi all’interno; possiamo rinunciare alla parola udibile dagli altri, ma intrattenerci pur sempre nell’intimo con noi stessi; possiamo far tacere i pensieri ed avere il cuore pieno di frastuono. Quello a cui dobbiamo tendere è che il silenzio scenda dentro: che il nostro essere si rilassi sempre più profondamente giù, nella pace» (Guardini, 1972).
A cosa serve il silenzio? Il silenzio è necessario per:
– Ritrovare e ascoltare se stessi: il filosofo Lanza del Vasto proponeva questa massima: “Taci molto per avere qualcosa da dire che valga la pena di essere sentita. Ma ancora taci, per ascoltare te stesso”. Il vero saggio si esprime in poche parole, e nello stesso tempo la sua parola è silenzio, ciò che egli dice viene dal cuore e non soltanto dalla punta della lingua.
Le sue parole scaturiscono da una profonda meditazione. La stessa cosa vale per la preghiera, attraverso la quale, in silenzio, si costruisce la ‘relazione delle relazioni’: l’incontro con l’assolutamente Altro, ovvero Dio.
Ognuno di noi ha bisogno del silenzio per riequilibrare la mente: il silenzio è la tregua necessaria dal tumulto dei pensieri che a volte ci travolge come un mare in tempesta; che ci fa sentire pieni di ansietà ed incapaci di calmarci. Solo lo “stato di silenzio” e quindi il suo valore, ci permettono di visitare pensieri ed emozioni con diversa predisposizione, riportando la mente a uno stato di quiete.
– Il silenzio come relazione: il silenzio, oltre a favorire riappropriarsi di se stessi, può essere considerato “relazione”? Decisamente si. Immaginiamo una conversazione senza pause di silenzio: impossibile, non sarebbe una conversazione, ma solo un monologo di frastuono.
Immaginiamo un gesto che comunica senza l’ausilio delle parole: il silenzio ne è la culla, la via che porta il significato di quel comunicare.
Il silenzio è il momento di ‘incontro’ nella relazione tra due persone. Per questa ragione il silenzio non deve essere inteso come lo strumento dietro cui barricarsi e nascondersi, ma al contrario dovrebbe assicurare all’Altro che ci è di fronte la disponibilità all’incontro e all’ascolto.
A volte, purtroppo, il silenzio separa e divide e la distanza da esso causata può difficilmente essere colmata nuovamente. Questo è purtroppo l’unico silenzio capace di distruggere piuttosto che costruire.
Tutto ciò è di fondamentale importanza per ogni relazione, ma lo è ancor più per la relazione terapeutica, dove si è chiamati ad “ascoltare” chi sembra non abbia più niente da dire e si rifugia nel silenzio.
Il silenzio è un prezioso strumento che l’uomo può utilizzare: è la possibilità di avere qualcosa da esprimere ma scegliere di non farlo, per attribuire un giusto ed autentico valore alle parole a volte logore e superficiali, inflazionate da un loro utilizzo inautentico.
Ascolto e silenzio sono le modalità attraverso cui si esplica la comprensione.
Il silenzio è utile per recuperare le nostre energie. Le parole consumano un certo quantitativo di energia e il respiro, che dovrebbe portare nuova vitalità al corpo, viene ostacolato nel suo ritmo normale, se si parla costantemente.
Da sempre l’uomo ha ricercato il valore del silenzio Nelle tradizioni di diverse civiltà del mondo, veniva insegnato alla gente, quando si riuniva per festeggiare, di tacere, per un po’ di tempo.
I veggenti, i santi, i saggi, i profeti, i maestri hanno udito la voce che viene dall’interno, avendo reso se stessi silenziosi.
Non deve sorprenderci che alcune persone hanno cercato i silenzi delle foreste e delle montagna, che hanno preferito le regioni impervie agli agi della vita mondana. Esse hanno cercato qualcosa di prezioso.
Ma non è necessario andare nelle foreste o nelle grotte di montagna. L’arte del silenzio si può imparare ovunque: in tutta la vita, per quanto impegnati, si può mantenere il silenzio.
Il silenzio è qualcosa che, consciamente o inconsciamente, cerchiamo in ogni momento della vita. Ne abbiamo bisogno e toppo spesso lo fuggiamo. Ma, una volta raggiunto ci darà la possibilità entrare in contatto con le nostre emozioni più profonde.
Il rumore è come l’acqua agitata della sorgente, che ci impedisce di vedere la nostra immagine riflessa nell’acqua. Quando la mente è stata acquietata, si può comunicare con chiunque si incontri, in primis con noi stessi.
Riferimenti bibliografici:
https://www.rivistaoltre.com/ita/default1.asp?page_id=543
https://www.movimentosufi.com/Il_Silenzio.html
Fenomenologia del silenzio lungo il “confine di contatto”. Articolo a cura di Anna Guido, Stefania Motta. PSYCHOFENIA – VOL. XI N. 19/2008
Virtù. Guardini R. Morcelliana, Brescia 1972
rita says:
Preferisco il silenzio.Lo preferisco al troppo parlare tanto per parlare e riempire spazzi.Spesso,a mio avviso, il parlare per parlare non fa’ riflettere e non lascia possibilità di verifica,ed il rischio di procedere logorricamente è quello di assegnare etichette e giudizzi superficiali e spesso impropri.Non è facile l’arte del silenzio,del giusto silenzio,nè troppo nè poco,io ci provo,nel mio piccolo.
Grazie Francesca per la riflessione offerta ancora una volta,non scontata,trovo.
Buon lavoro.
Salvio says:
La nostra vita è come uno spartito: ci sono le note e le pause, altrimenti non ci sarebbe musica!
A mio giudizio considero il silenzio essenziale per poter provvedere alla ‘manutenzione’ della propria mente e per scendere in profondità.
Grazie dell’articolo Dott.ssa Saccà. Un caro saluto.
mònica says:
Grazie dott.sa cè molta intensità in questo articolo, complimenti!