A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma
“Quando il dolore bussa alla porta del cuore non si può non andare ad aprire. Entrerà con la forza del vento e brucerà con l’impeto del fuoco tutto ciò che credevi tuo per sempre. Quando se ne andrà nulla sarà più come prima. E’ difficile attraversare questo dolore che rischia di paralizzare. Eppure, da ogni dolore, emaciati ci rialziamo e riprendiamo il corso della nostra vita. Più forti, più consapevoli di noi stessi. Il dolore ci porta nel cuore della vita e da lì ripartiamo. Possiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Possiamo dare valore alle persone accanto a noi e a noi stessi. Dirci: conosco il dolore, ma conosco anche la vita e una vita senza dolore, per alcuni versi, sarebbe meno ricca di emozioni e di crescita”.
(Riflessione della Dott.ssa Viviana Casarotto, psicologa e coordinatrice dei servizi della Caritas Vicentina sul tema del lutto, la solitudine e l’esperienza del limite)
Oggi ci occupiamo di un tema importante, quello di «ricominciare a vivere» dopo che un dolore ci ha attraversato l’anima.
Con la nostra riflessione cercheremo di riflettere se è davvero possibile ricominciare a vivere dopo la tempesta, cosa accade dentro di noi mentre attraversiamo la sofferenza e cosa possiamo fare per tornare a ‘mordere’ la vita.
Lo spunto per questo articolo mi è sorto sere fa mentre rivedevo la scena finale del film di J.Cameron Titanic (che vi riporto nel video).
Nella sciagura la protagonista Rose perde il suo compagno ma non si arrende e vivrà attraverso la promessa fatta a Jack:
Jack: “Rose, non dire addio, tu morirai quando sarai vecchia nel tuo bel lettino al calduccio, ma non qui, no così, non ora. Sono stato chiaro? Devi promettermi che sopravviverai me lo prometti Rose?”
Rose: “Te lo prometto Jack”
Rose vivrà la sua vita a pieno e fino in fondo, la promessa fatta al suo compagno manterrà il legame con lui e darà senso ai suoi giorni.
Se starete pensando: ”Si tratta di un bel film e nei film è tutto facile e possibile”, avete ragione! Nella vita vera è tutto più difficile.
Cosa accade ella vita reale? Quanto dura il dolore del cuore? Riusciremo mai a lavare la macchia del dolore?
Come sostiene Roberto Grande nel suo articolo ‘Quanto dura un dolore?’ on line su: https://www.teverenotizie.it/quanto-dura-un-dolore-editoriale-roberto-grande,A1,855.html “Anche quando il pezzo di pietra che è diventato il cuore ricomincia a scrollarsi via il ghiaccio e la polvere, anche quando possiamo di nuovo guardare una luna piena senza vederci dentro il viso di una persona, anche quando il passato sarà “passato” ci sarà sempre una cicatrice a ricordo di quel dolore, come un segnalibro fermo sempre nella stessa pagina. Ogni gioia, ogni dolore lascia un solco, su quei solchi è incisa la nostra vita e, come in un vecchio Lp di vinile, ogni giro della testina diffonde suoni nell’aria, sempre la stessa musica anche se la riportiamo indietro. A cambiare, invece, siamo noi, la nostra sensibilità, la nostra voglia di ascoltare vecchie canzoni o di spegnere il giradischi ed incidere nuove melodie. Un dolore del cuore dura tanto, troppo, ma bisogna saperlo accogliere, ripulirlo, affinché possa essere anch’esso nutrimento dell’anima, fertilizzante per i frutti che verranno. A qualche perché troveremo una risposta, ne abbiamo tante dentro di noi, basta saperle cercare e trovare, altre domande non avranno risposta e saranno sempre d’intralcio con quei punti esclamativi troppo rumorosi. Ma non è sempre tempo di domande senza risposta, a volte è più semplice mettere un punto, voltare pagina e cominciare a scrivere una nuova storia”.
Il problema di «ricominciare a vivere» si pone, in genere, all’indomani di qualche evento traumatico, oppure come effetto di una graduale presa di consapevolezza della tranquilla disperazione in cui si trascina la propria vita: senza una meta, scienza uno scopo, senza un raggio di bellezza e di speranza che illumini i nostri passi. Come evidenzia Lamendola (2009) nell’articolo “È possibile ricominciare a vivere, voltare pagina senza guardarsi indietro?”on line su https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=24254
“Il problema di «ricominciare a vivere» si pone, in genere, all’indomani di qualche evento traumatico, oppure come effetto di una graduale presa di consapevolezza della tranquilla disperazione in cui si trascina la propria vita: senza una meta, scienza uno scopo, senza un raggio di bellezza e di speranza che illumini i nostri passi. Una mattina ci si alza, ci si guarda allo specchio (trovandosi imbruttiti ed invecchiati) e si dice a se stessi: «Ora basta: così non posso continuare. O trovo il modo di lasciarmi alle spalle le macerie del passato, oppure cado e non mi rialzo più».
Ci si guarda intorno: e un brivido di ribrezzo corre nell’anima. A perdita d’occhio, e fino al limite dell’orizzonte, non si riesce a scorgere nulla di bello, nulla di fresco, nulla di desiderabile o di incoraggiante o di rasserenante: né un amico capace di ascoltare e consigliare, né un obiettivo da raggiungere, né un luogo accogliente ove rinfrancarsi: niente di niente, insomma, di quel che sembra necessario per trovare un punto d’appoggio. Come quando si sale in montagna lungo una parete sempre più difficile, e non si osa tornare indietro solo perché non si ha il coraggio di affrontare i pericoli della discesa”.
Prosegue Lamendola (2009) “Quel che può far pendere la bilancia verso la dissoluzione irrimediabile dell’io oppure, al contrario, verso le forze centripete che preludono al reintegro della persona nell’essere, è precisamente la scelta che noi, posti nella situazione dell’esistenza, volta a volta operiamo per poterci determinare, appunto, come persone. Per quanto profonde possano essere le ferite che ci si porta dietro; per quanto ardua possa apparire la difficoltà di rialzarsi in piedi, dopo certe cadute, pure è un tentativo che va fatto”.
Ma come possiamo davvero attraversare il tunnel del dolore e ricominciare a vivere? Per prima cosa concedendoci del tempo, il tempo della nostra sofferenza che va attraversato e mai rifuggito.
Sicuri che non ce la faremo a sopportare tanta sofferenza ci chiediamo spesso quanto tempo ci vorrà per curare la ferita dell’anima. Non è possibile fornire una risposta a una domanda così complessa. Dipende dal tipo di ferita, dipende dalle caratteristiche di ognuno di noi, dipende da ciò che facciamo col nostro dolore, dipende da quanto lo rifuggiamo, dipende da quanto abbiamo voglia di stare bene. Non avendo ancora inventato la medicina che fa passare il male dell’anima non esiste un precetto unico. La rinascita interiore è un processo complesso che non si può ridurre a poche righe.
Chi ci aiuterà? Nonostante tutte le persone che ci saranno accanto saremo noi che dovremo aiutarci da soli facendo leva su forze che mai avremmo pensato di avere. Dovremo fare appello al nostro coraggio, assumerci responsabilità, correre dei rischi, cambiar pelle.
Quante volte abbiamo sentito la frase ”Ci vuole coraggio!” e abbiamo pensato al coraggio come a una caratteristica che o c’è o non c’è. La buona notizia è che possiamo anche ‘imparare’ ad avere coraggio.
Mary Anne Radmacher definisce sapientemente il coraggio: “A volte il coraggio è la voce calma, che alla fine della giornata dice: Proverò di nuovo domani” .
E’ proprio così, avere coraggio significa non mollare e riprovare anche se le cose sembra che non vadano per il loro verso. E dunque dipende da noi. Chi sceglie di vivere rimandando a domani o aspettando che siano le circostanze esterne a cambiare le cose faticherà molto nella rivincita con la vita.
Autodisciplina, autostima, forza interiore, amore per la vita saranno ingredienti preziosi che ci aiuteranno a uscire dall’angolo.
“Uscire dall’angolo” vuol dire:
– Darci tempo di elaborare il dolore
– Volerci bene anche quando la sofferenza ci consuma
– Essere flessibili
– Cambiare ciò che possiamo cambiare
– Accettare ciò che non possiamo cambiare
– Concederci un’altra possibilità
– Avere il coraggio di rischiare e metterci in gioco
– Filtrare i pensieri negativi e disfunzionali che inquinano la mente e non ci rendono produttivi sperimentando sempre nuove possibilità e vie di “uscita”
– Imparare a difendersi da chi ci aggredisce o chi ci giudica
Ricominciare a vivere dopo il dolore non è di certo impresa facile e non tutti ci riescono.
Ci sono moltissime persone che hanno vinto la battaglia col dolore.
Come descriverli? Sono le persone che hanno avuto il coraggio più difficile, il ‘coraggio di soffrire’ e che non sono mai fuggiti; sono coloro che sono rimasti attori della vita e mai dietro le quinte; sono quelli che hanno cambiato pelle e si sono trasformati, attingendo alla loro forza interiore scoprendo miniere di risorse che non credevano di possedere. Sono quelli che sono arrivati alla cima e, per quante volte si siano fermati, non si sono mai arresi. Sono quelli che hanno imparato a ‘mordere’ la vita e ad andare avanti, nonostante tutto.
Nel dolore ci si trasforma e si rinasce più forti di prima, ma bisogna avere il coraggio di guardarlo in faccia quel dolore, di entrargli dentro, di combatterlo senza scacciarlo.. questo è ciò che permetterà a tutti coloro che accetteranno la sfida di vincere la battaglia!
Riferimenti bibliografici:
“È possibile ricominciare a vivere, voltare pagina senza guardarsi indietro?”Articolo a cura di Francesco Lamendola (2009)
on line su:
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=24254
‘Quanto dura un dolore?’ Articolo a cura di Roberto Grande (2010)on line su:
https://www.teverenotizie.it/quanto-dura-un-dolore-editoriale-roberto-grande,A1,855.html “
Salvio Corelli says:
Chi è depresso è come se si trovasse di continuo in uno stato di lutto, chiuso in un angolo.
Ciò che mi ha aiutato ad uscire dalla depressione è stato il coraggio (come viene menzionato nell’articolo) di viaggiare su ‘binari nuovi’ nonostante la paura del cambiamento.
Naturalmente ho dovuto seguire tutti gli altri consigli suddetti nell’articolo, come ad esempio ‘filtrare’ i pensieri disfunzionali, ecc…
Grazie dell’articolo Dott.ssa Saccà!
Ahimsa says:
Una pagina di vita!