Articolo a cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa, pubblicato all’interno della Rivista Familiaria Anno 2, Num. 4, Giugno-Luglio 2008
Nel decennio tra il 1995 e il 2005 i dati Istat hanno evidenziato un’impennata dei divorzi e delle separazioni in Italia che sono infatti cresciuti rispettivamente del 74% e del 57.3%.
Questi dati ci fanno inevitabilmente riflettere su quanto il fenomeno della separazione sia diffuso e, di conseguenza, ormai i figli di coppie divorziate siano in tanti, quasi quanto quelli di coppie sposate.
Si è molto parlato delle conseguenze a breve termine del divorzio sui bambini e dei comportamenti che devono adottare i genitori al fine di far vivere ai figli l’evento nelle modalità meno traumatiche; aspetto più sconosciuto all’opinione pubblica è invece quello relativo alle conseguenze a lungo termine della separazione sull’adattamento psicologico dei giovani adulti “sopravvissuti al divorzio”; troppo spesso i media diffondono messaggi secondo cui i figli dei divorziati avranno più problemi nell’ambito relazionale rispetto ai figli di coppie non separate, fino a sentir parlare di “trasmissione intergenerazionale dell’instabilità coniugale”.
Ma è poi così vero che questi ragazzi avranno maggiori difficoltà nelle relazioni affettive e una maggiore tendenza a separarsi? Oggi più che mai è necessario fare chiarezza sui fattori determinanti il destino psicologico e relazionale dei figli del divorzio.
Alla fine degli anni ottanta lo psicologo americano Hetherington ha evidenziato che i figli possono uscire dall’esperienza della separazione genitoriale come “vincitori, perdenti o sopravvissuti”: questo esito dipende non tanto dall’evento “divorzio” in se, quanto piuttosto da tutte quelle variabili che influenzano l’adattamento della famiglia alla separazione.
In particolare, la continuità nel tempo della relazione genitore-figlio e il conflitto familiare nelle sue diverse sfaccettature (entità, durata e tipologia), sembrano rappresentare le variabili più importanti nel determinare il tipo di adattamento psicologico dei figli.
La possibilità di poter continuare ad avere rapporti significativi con entrambi i genitori rassicura il figlio sul fatto che non sarà abbandonato e salvaguarda la possibilità di avere a disposizione più modelli adulti possibilmente positivi con cui confrontarsi e su cui costruire la propria identità e le future relazioni sentimentali.
Altro elemento acquisito nella cultura attuale è che la conflittualità aperta tra i genitori incide negativamente sullo sviluppo della personalità del bambino tanto che è stato oramai ampiamente dimostrato che “è più nociva per la salute mentale del figlio una famiglia integra ma conflittuale, rispetto ad una situazione serena, anche se la coppia genitoriale è separata o divorziata”.
Il divorzio è oggi una realtà che di per se deve essere sdrammatizzata e per far questo, è fondamentale comprendere che la separazione, seppure rappresenti un momento di forte sconvolgimento per la famiglia, non la dissolve; crea piuttosto la necessità di stabilire una nuova organizzazione costruttiva dei rapporti e delle relazioni nel rispetto e nella tutela del benessere dei figli.
Ma come si pongono i figli di genitori divorziati, una volta adulti, circa la prospettiva di stabilire relazioni sentimentali e di formare una famiglia? Se è vero che alcuni giovani hanno maggiori difficoltà all’interno delle relazioni di coppia, è altrettanto vero che diversi individui con un’esperienza di divorzio alle spalle vivono relazioni sentimentali positive e di lunga durata. C’è chi è contrario a sposarsi per paura di ripetere il percorso doloroso dei genitori e chi invece affronta il proprio matrimonio responsabilmente e trova, all’interno della propria unione, una desiderata e ricercata stabilità.
Nel chiederci se esista un elemento che faccia la differenza tra queste diverse esperienze di vita possiamo sicuramente affermare che, pur tenendo conto dell’infinita variabilità dei comportamenti di ogni singola persona, fattore determinante nella riuscita psicologia e affettiva del figlio che ha sperimentato la separazione dei genitori è rappresentato dalla capacità di imparare ad affrontare il dolore che tale evento ha comportato; accogliere quel dolore e comprenderlo è il primo passo per superarlo ed acquisire la capacità di costituire una propria famiglia.
Accettare il dolore della separazione sarà tanto più facile per quei figli i cui genitori saranno stati i primi ad aver elaborato il sentimento della perdita e avranno saputo affrontare responsabilmente con i loro ragazzi il tema della fine dell’amore; è fondamentale che i genitori sappiano attraversare il doloroso passaggio della separazione con sincerità e chiarezza ricordando che – siano essi insieme oppure no- il modello decisivo per lo sviluppo sereno del figlio è il loro comportamento.
Non bisogna dimenticare che i figli imparano principalmente dall’esempio che viene loro fornito: tutto ciò che si “respira” nell’ambiente familiare ha più probabilità di essere poi, un domani, riprodotto. E’ per questo che elementi come conflittualità, ipocrisia, finzione, assenza di comunicazione, sono per un figlio sicuramente più devastanti di un divorzio.
liana clerici says:
condivido ciò che ho letto nel testo da lei scritto ma vorrei sapere cosa ne pensa dell’affido condiviso
mt says:
la ringrazio dottoressa per questo articolo, mi rincuora molto x i miei figli..le chiedo però una cosa: è nocivo x i figli di separati abitare in città diverse se cmq vedono il padre ogni 15 giorni? un saluto
AM says:
Cosa ne pensa della frequente PAS e di come il problema possa essere risolto al di fuori delle aule di tribunale? Come può, in termini pratici, un padre separato “vincere” il pressante condizionamento di una figura importante e prevalente come la madre affidataria, a volte sostenuta anche da nonni e parenti materni, nel distogliere i figli dall’affetto verso il padre?
franco says:
come si devono preparare e/o parlare i figli alla prossima separazione?