A cura della Dott.ssa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma
19 Marzo Festa del papà …e quando il padre non c’è?
Le conseguenze psicologiche dell’assenza paterna sui figli
“Se quello che i mortali desiderano potesse avverarsi, per prima cosa vorrei il ritorno del padre…” così afferma nell’Odissea Telemaco, figlio di Ulisse, esprimendo molto bene la condizione di inquietudine di un figlio che cresce lontano dal padre.
L’assenza di un padre può creare conseguenze importanti sullo sviluppo psicologico dei figli. Ma prima di parlare degli effetti di questa lontananza è fondamentale capire chi è il padre ‘assente’. Per fare questo è importante uscire dal luogo comune classico che identifica il padre assente con il padre che esce dal nucleo familiare.
Il padre assente non coincide per forza e unicamente con il padre che si allontana dalla famiglia ma è piuttosto è colui che fallisce nei suoi compiti fondamentali: la presenza affettiva, l’attività educativa, la costruzione della propria figura simbolica.
La figura del padre ha un preciso valore nell’architettura relazionale della famiglia in quanto questo è chiamato fin dall’inizio a separare il figlio dalla madre. Il figlio che ha bisogno, nei primi mesi di vita, di una simbiosi profonda con la madre, indispensabile per la sua nascita psicologica, permarrebbe volentieri per sempre in questa situazione. Ma se rimanesse in questa situazione il figlio non diverrebbe mai se stesso, resterebbe per sempre un’appendice della madre. La presenza e l’intervento del padre invece, lo costringono e lo aiutano ad iniziare il suo autonomo cammino nel mondo.
La separazione dalla madre operata dal padre assume così un carattere ‘iniziatico’ per il figlio che inizia un cammino responsabile nella sua vita. Senza questa iniziazione è molto difficile per un giovane diventare un adulto, responsabile della propria posizione nel mondo, in grado di sostenere le sfide che la vita propone.
In alcuni luoghi del mondo, come in Nuova Guinea, questo passaggio iniziatico verso il mondo degli adulti è scandito da precisi rituali molto lunghi e particolarmente traumatizzanti attraverso i quali il bambino, che fino ai nove-dieci anni ha vissuto in stretto contatto con la madre con sporadici incontri con il padre, può finalmente lasciare il nido materno ed entrare nel mondo degli uomini.
Dunque una presenza fondamentale quella del padre che, quando manca, può procurare conseguenze sulla crescita psicologica, affettiva e spirituale dei figli.
“Privi del padre, i figli faticano a entrare nel tempo, della storia e della vita”. Così sostiene Paolo Ferliga, psicologo e filosofo, che ha affrontato questo argomento nel bel libro ‘Il segno del padre nel destino dei figli e della comunità’ (Moretti&Vitali, 2005).
Sempre più spesso infatti oggi giovani di venti/trent’anni si presentano nello studio dello psicoterapeuta per portare il loro dolore di figli e figlie cresciuti senza padri.
Come evidenzia Ferliga (2005) “nei casi più gravi l’assenza paterna rende impossibile affrontare la vita e costruirsi una solida identità personale, in quelli meno gravi contribuisce spesso a strutturare un carattere debole e dipendente”.
L’assenza del padre rende più difficile l’ingresso nella società e l’assunzione delle responsabilità che la vita adulta comporta. Il giovane che non ha avuto il padre o figure sostitutive del padre può portare con se un ‘vuoto’ che vuole essere colmato e diventare quindi più facilmente preda della società dei consumi e dei suoi prodotti: dall’alcool alle sostanze stupefacenti, dalle immagini della televisione e del computer ai prodotti alimentari.
Per quanto riguarda le differenze tra maschi e femmine possiamo affermare che il maschio senza padre, se ne è privo fin da piccolo, fatica a sentire le proprie potenzialità maschili. La madre infatti può passargli tutto, con il suo amore e la sua presenza affettuosa, ma non l’istinto maschile di cui non è dotata. La figlia è invece colpita maggiormente negli aspetti psicologici profondi. Fa più fatica ad orientarsi nella relazione con gli altri e ad affrontare il mondo del lavoro. Può trovare difficoltà nell’incontrare un uomo da amare e con cui costruire una relazione profonda.
E’importante precisare che ogni storia è a sé e non è detto che tutti i figli cresciuti senza la presenza affettiva di un padre si trascineranno, nel corso del loro sviluppo, importanti conseguenze psicologiche, tuttavia possiamo di certo affermare che questa figura è preziosa per l’edificazione di una struttura psicologica salda e autonoma nei figli.
Articolo pubblicato all’interno della Rivista Familiaria (Gennaio – Febbraio 2011)
https://www.familiariamagazine.it/wordpress/
Riferimenti bibliografici
Il segno del padre. Nel destino dei figli e della comunità. Autore Paolo Ferliga. Moretti & Vitali (collana Il tridente. Campus), 2005
Salvio says:
Sfortunatamente ho perso mio padre all’età vent’anni circa.
Era un punto di riferimento per me!
Sono perfettamente d’accordo che nella famiglia ci devono essere queste due figure importanti: il padre e la madre!
Laura says:
Articolo davvero bello! Lo girerò a mio papà come augurio 😉
Brava!!!
roberta says:
Un bellissimo articolo per chi vive di questa assenza,con una realtà che il genitore single non accetta che il figlio provi, come le mie esigenze e le mie difficoltà ad essere artefice di ciò che desidero.Può aiutare a conoscere le trappole,ma non si dice come non ingannarsi e trovare la forza di rialzarsi,di orientarsi nella vita con questa carenza,è un vuoto che non si dimentica.La figura del debole e dipendente,un figlio cercherà sempre di stare al fianco del genitore single come dovere per ricambiare alla presenza della madre
anna rita says:
Quali consigli si possono dare per cercare di convivere al meno peggio con questo vuoto incolmabile?
Ilario says:
Tra me e mio padre non c’è dialogo. Da bambino per me era il padre migliore del mondo. Ma poi è diventato iperprotettivo, lo vedevo spesso incoerente e mi ha sempre tenuto lontano dalle responsabilità..
Quando mi sono accorto che la realtà è dura e che Assumersi le proprie responsabilità è un diritto essenziale per la maturazione del proprio carattere, ce l’ho avuta a morte con lui. Perchè con la sua accidia e il suo “lassez faire” ha mandato a puttane il mio mondo. Avevo bisogno di una figura che mi guidasse nei momenti difficili, ma ho avuto solo giudizi e offese da parte sua. A volte mi guarda disgustato, facendomi provare vergogna. Ci è voluto tanto per rendermi insensibile nei suoi confronti. Ma stando a casa con lui sto lo stesso male solo sapendo che c’è. Gli voglio comunque bene. Ma è un padre immaturo e io non vedo l’ora di andarmene di casa..
paola says:
Mio padre era talmente accecato dal dolore per il divorzio da mia madre,che non ha parlato con me per dieci anni. Si,andavo a stare da lui ogni quindici giorni ma lui mi dimenticava a casa e se ne andava al bar. Io capivo il suo dolore, affrontare un divorzio non è una passeggiata. Però resta il fatto che era sempre infastidito dalla mia presenza. Dall’altra mia madre,depressa e sicuramente sopraffatta dal dover crescere una figlia da sola, mi incolpava della rottura con il suo fidanzato. Ricordo che cercavo di cucinarle cose buonissime quando tornava da lavoro, non assaggiava niente. Facevo lavori di casa,andavo bene a scuola, e ho iniziato anche a lavorare presto per non dover chiedere più soldi a casa.Posso dire di aver visto i miei genitori crescere, io ho imparato ad essere molto indipendente, ma effettivamente i rapporti con gli uomini sono sempre stati molto superficiali. Non credo di aver mai provato a dare amore, fino a qualche anno fa, quando mi sono resa conto che la qualità della mia vita era pessima; sono stata spesso usata, da conoscenti,finti amici,datori di lavoro,fidanzati e anche da mio padre che,approfittando del mio esaurimento nervoso,non ha esitato a vendicarsi di mia madre,deridendomi in svariate circostanze. Sono sicura che una brutta infanzia si può superare. Per farlo è necessario essere realisti e affrontarsi. Vedersi per ciò che si è e migliorarsi ogni giorno. I nostri padri e madri hanno sicuramente delle enormi responsabilità sulla nostra storia, ma sono umani e soggetti ad errori. Trovare la forza da leoni dentro di noi per vivere bene, e magari per crescere dei figli a cui trasmettere la gioia di vivere e anche la non gioia,ma sempre presenti. Spero che queste parole possano essere di incoraggiamento a chi come me ha avuto due genitori sbadati,incasinati e incasinanti, affinchè dentro di voi possiate trovare la serenità che meritate e mandarli anche un pò a quel paese per avervi costretto ad essere i grandi quando i grandi dovevano essere loro. E ringraziarli allo stesso tempo per avervi dato la possibilità di imparare dai loro errori